SUL PERDONO

Il concetto di perdono è molto semplice nella sua essenza, ma spesso difficile da mettere in pratica.

Consiste nel trasformare il rancore in amore, sviluppando la capacità di imparare dai dolori vissuti/causati.

E’ un concetto espresso da quasi tutte le religioni ed è collegato ad esempio, alla nota frase biblica: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ma non è indispensabile essere credenti per praticarlo.

Il segreto è proprio racchiuso nella frase citata. Amare, in senso più ampio, significa anche comprendere e all’occorrenza, perdonare.

Questa affermazione, se applicata alla lettera, funziona, ma ovviamente, solo se si riesce a realizzare anche la seconda parte dell’affermazione, perché non si può amare veramente qualcuno se prima non si ama se stessi.

Parlando di amore non si vuole certamente intendere l’amore narcisistico ed egoista, ma quell’insieme di stima profonda e rispetto per se stessi, di accettazione ed elasticità che permette all’individuo la giusta realizzazione di sé ed una positiva interazione con gli altri.

Apparentemente, sembrerebbero tutti elementi molto semplici, che dovrebbero appartenere di diritto ad ogni essere umano, ma sappiamo che non è sempre così. Determinate esperienze lasciano ferite molto profonde ed è per questa ragione che la “cura” necessita di ingredienti quali l’amore e il perdono, appunto.

Nel Nuovo Testamento, il termine «aphiemi» dal greco, ha il significato di perdono in senso assoluto, perdono dei peccati, delle colpe, delle trasgressioni, ma conserva anche il suo significato originario di lasciare andare, mettere in libertà, mandare via, abbandonare, lasciare dietro a sé, non rimanere aggrappati al ricordo di torti subiti o agiti, reali o presunti.

Il primo passo, quando possibile, è il dialogo. Aiuta a comprendere le fragilità, i limiti, le paure che hanno indotto un determinato comportamento lesivo.

Ma… È impossibile perdonare gli altri, se prima non abbiamo imparato a perdonare noi stessi.

Perché dobbiamo perdonare noi stessi?

Intanto il perdono passa attraverso l’accettazione di sè in tutti gli aspetti: psicologici, fisici, sociali, spirituali o non.

Riconoscere che si può aver sbagliato, offeso, ferito, ma anche che si può rimediare sempre, ammettendo l’errore o l’offesa e riparare. Riconoscere quando si sbaglia per ignoranza, per inconsapevolezza, perché mossi da sentimenti magari poco nobili ma pur sempre umani. Non lasciare mai in sospeso, perché questo alimenta il senso di colpa, che non solo non risolve, ma mantiene vivo malessere e frustrazione che non portano giovamento a nessuno.

Sanare quindi ogni sospeso e perdonare se stessi per le mancanze vere o presunte di cui ci si accusa.

Oltre a noi stessi, è sempre necessario ad un certo punto del nostro cammino, perdonare nostra madre e nostro padre, fratelli, sorelle, figli, partner, nonni e tutte quelle persone con le quali abbiamo avuto o ancora intratteniamo una relazione profonda, che ci coinvolge a diversi livelli.

Razionalmente potremmo dirci che non abbiamo nulla da perdonare a queste persone, ma se solo ci soffermiamo a ripensare ad alcune situazioni, a certi periodi della nostra vita, ci tornano alla mente soprusi, attenzioni mancate, torti subiti che stimolano in noi una sorta di malessere o disagio, a volte rabbia, che abbiamo deciso di ricacciare giù, in fondo, da qualche parte……convinti che se non ci pensiamo  fa meno male. In realtà, è un meccanismo della nostra mente per darci l’illusione di stare meglio, ma di fatto, condizionerà comunque le nostre relazioni.

I fatti non sono necessariamente eclatanti, ma ugualmente significativi per il nostro benessere, per l’acquisizione o meno della sicurezza in noi, dell’autostima di cui sopra.

Si può perdonare per tutte le volte che non ci siamo sentiti amati per come avremmo avuto bisogno; per la mancanza di quell’attenzione che ci avrebbe fatto sentire accolti, anziché rifiutati, allontanati; per la mancanza di comprensione, di dialogo;

per tutte le volte in cui abbiamo avvertito dei risentimenti nei nostri confronti, che abbiamo recepito una punizione ingiusta;

per le volte in cui abbiamo avuto la sensazione che i nostri fratelli e sorelle venissero preferiti a noi;

per le volte in cui ci siamo sentiti offesi con parole o atteggiamenti;

per le volte in cui mamma o papà ci hanno detto che non siamo stati desiderati, che siamo nati per caso o per errore, o che non eravamo ciò che loro si aspettavano;

quando ci è stato rinfacciato quanto è costata la nostra presenza e quanto hanno sofferto a causa nostra;

per tutte le volte che non hanno avuto tempo per noi, che hanno preferito gli amici, il bar, gli  altri, a noi;

per le volte in cui i nostri genitori discutevano e litigavano e noi credevamo fosse per colpa nostra;

per le volte in cui si sono traditi e/o hanno tradito la nostra fiducia;

per le conclusioni non sempre positive che a causa loro abbiamo tratto sulla vita e sulle relazioni;

perdoniamo i fratelli per essersi accaparrati l’amore dei genitori, per averci picchiato e reso la vita difficile, per le ingiustizie nella divisione dell’eredità e per tutti i rancori e i risentimenti che ne sono seguiti.

Questi sono alcuni esempi dei tanti che potremmo fare, ma ci servono per darci un’idea.

Comprendere è fondamentale per far sì che il perdono diventi un fatto naturale.

Non si creda però che il perdono produca del bene unicamente a chi ci ha ferito, anzi! Nell’atto del perdonare si produce un’energia particolare dentro di noi che scioglie ogni rancore, scioglie la rabbia ad esso collegato ed i conseguenti sintomi psicosomatici che accompagnano sempre questi stati d’animo.

L’altro, chi ci ha procurato dolore può anche non saperlo di essere stato perdonato, ma quando avviene, quel cambiamento prodottosi nel perdonante è proiettato ed è percepito anche da chi gli sta intorno, producendo una trasformazione nella qualità dei rapporti.

Quello che otteniamo è una buona salute ed una serenità tale da poter godere di ogni piccola o grande cosa che la Vita ci offre.

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Dott.ssa Teresa Canone

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